Friday for future.. a tavola

Venerdì 15 marzo è stato il giorno della manifestazione internazionale “Friday for future”, che ha coinvolto milioni di giovani in tutto il mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica sul cambiamento climatico.

Uno dei motivi per cui il mondo sta subendo un riscaldamento globale sempre maggiore è legato al sempre più diffuso utilizzo di agricoltura ed allevamenti intensivi. Essenzialmente, si centralizza la produzione di alimenti in modo che si abbia la miglior resa in termini quantitativi nel minor tempo possibile cercando di spendere il meno possibile. Di conseguenza, l’utilizzo di queste pratiche per la produzione di cibo permette di fornire alimenti a più basso costo, che quindi sono più accessibili per le tasche di più persone, che a loro volta accrescono la domanda di questo tipo di alimenti… Insomma, si instaura un circolo vizioso per cui chi aveva poco e si accontentava della verdura del suo campo adesso con meno dispendio di soldi e di fatica ottiene un panino del fast food. La carne di quel panino però, è stata prodotta con l’unico obiettivo di avere il miglior rapporto quantità/costo, e per produrla sono state necessarie tonnellate di acqua e di foraggi (di pessima qualità), nonché litri e litri di benzina per distribuire la carne prodotta in pochissimi stabilimenti in tutti i vari fast food dislocati nel mondo… E non è un caso che dagli allevamenti intensivi arrivi il 20% dei gas serra….

Stesso discorso per l’agricoltura… Per poter avere i pomodorini sulla tavola a dicembre o una spremuta di arance a agosto si ricorre a serre che consumano quantità mostruose di energia, e di conseguenza contribuiscono a riscaldare il pianeta.

E’ quindi ovvio che evitare di incentivare questo tipo di alimenti può avere un effetto benefico sull’impatto globale della produzione di cibo sul pianeta. Ma anche se una persona non fosse molto interessata all’aspetto etico di una alimentazione a km 0, ci sono anche motivi molto più egoistici…..

  1. Gli allevamenti intensivi presuppongono la presenza di numerosissimi animali concentrati in uno spazio molto ristretto, in modo da sfruttare al massimo lo spazio disponibile. Questa condizione predispone fortemente allo sviluppo di malattie, e pertanto in questi stabilimenti si utilizza la prassi di somministrare quantità esorbitanti di antibiotici agli animali a scopo preventivo. Mangiare questa carne significa ingerire anche questi antibiotici, predisponendo il proprio intestino allo sviluppo di resistenze agli antibiotici, di cui abbiamo già discusso
  2. Gli alimenti non di stagione sono molto meno digeribili. Il pomodoro di serra, infatti, ha una buccia molto più spessa di quello raccolto nel campo, e la proverbiale acidità di stomaco che i pazienti con malattia da reflusso riferiscono è quasi totalmente causata da alcuni componenti della buccia di questo ortaggio. Non è un caso che io non consigli mai ai miei pazienti con malattia da reflusso di togliere il pomodoro dalla dieta, purché sia un pomodoro “vero”….. E così come per il pomodoro il discorso si può estendere a qualsiasi ortaggio.
  3. Il gusto di un alimento raccolto al momento giusto è molto diverso da quello di un alimento che è stato raccolto acerbo per poter arrivare ancora buono per la consumazione in un piatto distante migliaia di km dal campo… Tornando all’esempio del pomodoro, se viene raccolto quando è ben maturo e mangiato a breve, non è necessario metterlo in frigo per il trasporto, ed il trasporto refrigerato blocca la normale produzione di etilene dalle cellule di questo ortaggio, sostanza responsabile dell’aroma ed in ultima analisi del gusto di questo alimento. Inoltre, più un pomodoro è maturo più è ricco di vitamine e antiossidanti.

Di conseguenza, se pensiamo un po’ di più al nostro benessere siamo in grado anche di dare una mano al futuro di questo pianeta!

Friday for future… a tavola!
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